L'Obelisco Carolino


Briganti-Historia: l'Obelisco Carolino from Agostino Abbaticchio on Vimeo.





tratto da "Bitonto e la Battaglia del 25 maggio 1734" di Carmine Massarelli, Giuseppe Rella, Vincenzo Robles

DESCRIZIONE

   E' un monumento intenzionale a carattere storico-commemorativo con implicito accento celebrativo in onore di Filippo V°, dell'Infante Carlo, del Generale Montemar e dell'Hispanica Virtus.
Vuole ricordare la Battaglia del 1734, la quale, comunque giudicabile dal punto di vista militare, costituì un elemento risolutivo per la istituzione e il riconoscimento della Monarchia Borbonica nei Regni di Napoli e di Sicilia.
(fino al 1860, il giorno 25 maggio era riconosciuto e considerato come giorno di festa nazionale)
  
  Come testimonianza viva si riveste di evidente monumentalità. Infatti, la sua tipologia, collegabile per somiglianza alla iconografia e dell'obelisco e della guglia, risulta strutturalmente di facile definizione; la disposizione dei blocchi, formalmente differenziati nell'andamento ascensionale per segnare coincidenza fra prospettiva fisica e simbolo, e la decorazione applicata, poco vistosa ed al tempo stesso riccamente significativa, per essere state non solo intenzionalmente ordinate alla commemorazione della vicenda ed alla celebrazione dei personaggi, ma anche correttamente eseguite e disposte, portano a risolvere l'analisi interpretativa e critica in giudizio di genuina opera di architettura monumentale.
  
  Raggiunto e circondato dall'espansione edilizia, andava considerato nella funzione di arredo urbanistico, cioè di elemento condizionante nella determinazione dei valori qualitativi, un po' di verde, e quantitativi, spaziali, volumetrici, che lo raggiungevano e comprendevano.
  
  E invece la nudità dello spazio circostante, la irregolarità dei fronti prospettanti, l'aggressione della segnaletica, unite in una arrogante confusione visuale e aggiunte alla evoluzionedella prospettiva storica, ne hanno favorito il processo di obsolescenza.

  Il monumento, nel tempo, ha avuto più nomi, come piramide, guglia, obelisco, tutti però non perfettamente rispondenti al preciso significato per ciascuno di essi previsto dalla nomenclatura architettonica, anche se correttamente avvalorati da evidente ed accettabile analogia.

   Esso, infatti, proprio una piramide non è, per struttura e destinazione è ben altra cosa dalle costruzioni a funzione composita (funeraria, culturale, rituale, oracolare) erette dalle antiche culture egiziane, etrusco-laziali, asiatiche e precolombiane.

   E neppure è una guglia; con tale nome, rigorosamente inteso, viene indicato il motivo architettonico, a forma piramidale o conica, adottato nel MedioEvo come coronamento di strutture a sviluppo verticale.

   E infine, non è nenanche un obelisco; non è strutturalmente monolitico, né si risolve con punta a piramide.

   Tuttavia, bisogna pur concludere che, in mancanza di un termine specifico, la somiglianza formale non poteva non indurre che alla adozione del termine più vicino.

   Così, i documenti iniziali riportano "macchina piramidale" o "piramide" secondo l'uso corrente del tempo; si impose, inoltre, quello ufficiale di "obelisco" con aggettivazione di "carolino" da Carlo di Borbone, che del monumento fu l'ispiratore e celebrativamente il co-destinatario principale; il popolo, invece, lo chiama guglia nel suo dialetto.


STRUTTURA

   La struttura dell'Obelisco si eleva dal piano naturale mediata da crepidine a tre gradini, quindi si sviluppa in verticale su tre corpi individuabili sommariamente in piedistallo, fusto, capitello.

   Il piedistallo presenta l'ampio dado arricchito da zoccolo e cimasa in eleganti modanature aggettanti dalla direttiva muraria; esso dado risulta importante per le quattro epigrafi, una per faccia, incisevi in ottimo latino, pare da Bernardo Tanucci.


   Di esse riportiamo i testi con le relative traduzioni in italiano.



(levante)
IOSEPHO CARRILLO
COMITI MONTEMAR
QUOD
EIUS OPERA DUCTU CONSILIO
HISPANI GERMANORUM CUNCTA SUBEGERINT
VIII KAL. JUNI A.S. MDCCXXXIV
REGIS JUSSU HONOS HABITUS

A Giuseppe Carrillo
Conte di Montemar
perchè
per opera guida consiglio di Lui
gli Spagnuoli tutte le cose dei Tedeschi sottomisero
il 25 maggio dell'anno della salute 1734
Onore avuto per comando del Re



(mezzogiorno)

CAROLO
HISPANIURUM INFANTI
NEAPOLITANORUM ET SICULORUM REGI
PARMENSIUM PLACENTINORUM CASTRENSIUM DUCI
MAGNO AETRUSCORUM PRINCIPI
QUOD HISPANICI EXERCITUS IMPERATOR
GERMANOS DELEVERIT
ITALICAM LIBERTATEM FUNDAVERIT
APPULI CALABRIQUE SIGNUM
EXTULERUNT

A Carlo
Infante di Spagna
dei Napolitani e dei Siciliani Re
dei Parmensi dei Piacentini dei Castrensi Duce
degli Etruschi Gran Principe
perchè dell'esercito spagnuolo Capo Supremo
i Tedeschi annientò
e l'italica libertà fondò
i Pugliesi e i Calabresi la bandiera 
alzarono



(tramonto)
GERMANORUM MILITIUM
HIC
JUSTO NUMERO CERTANTIUM
HISPANICA VIRTUS
PARTEM MINIMAM TRUCIDAVIT
RELIQUOS FORTITER CAPTOS SERVAVIT
REI GESTAE NUNTIUM EX CAPTIVIS
AD GERMANIAE REGEM
HUMANITER ABLEGAVIT
ANNO SALUTIS MDCCXXXIV

Dei soldati tedeschi
qui
in numero adeguato combattenti
il valore spagnuolo
una parte minima uccise
gli altri valorosamente fece prigionieri
il messaggero dell'accaduto dai prigionieri
al Re di Germania 
umanamente lasciò andare
nell'anno della salute 1734




(mezzanotte)

PHILIPPO V
HISPAN. INDIAR. SICILIAE UTRIUSQUE
REGI
POTENTISSIMO PIO FELICI
QUOD AFRIS DOMITIS
NEAPOLETANUM REGNUM
DEVICTIS JUSTO BELLO GERMANIS
RECEPERIT
ET CAROLO FILIO OPTIMO
ITALICIS PRIDEM DITIONIBUS AUCTO
ADSIGNAVERIT
MONUMENTUM VICTORIAE
PONI LAETANTES
POPULI VOLUERUNT

A Filippo V°
delle Spagne delle Indie dell'una e dell'altra Sicilia
Re
potentissimo pio felice
perchè assoggettati gli Africani
il Regno Napolitano
ai Tedeschi vinti con giusta guerra
ha ripreso
ed a Carlo figlio ottimo
da tempo più grande per gli aggiunti possedimenti italiani
ha assegnato
un monumento alla vittoria
si ponesse i giubilanti
popoli vollero


Il piedistallo

   Sul piedistallo si eleva il fusto, sottile e sobrio, nella forma tronco-piramidale.
Alla base sono applicate vistose sculture, equilibrate composizioni, cioè, di elementi ispirati al repertorio militare in armonia con la motivazione del monumento.
   Sono figurati scudi, elmi, corazze, scuri consolari e bandiere, timpani, palle di cannone. Notazione particolare meritano gli scudi: sono modellati uno nel tipo "testa di cavallo" senza decorazione  e tre nel tipo "ovale" detto "a cartoccio", ricco di arricciature e volute ornamentali liberamente ideate dallo scultore, e molto usato nei monumenti. Ognuno di questi ultimi è interamente decorato da un mascherone a bassorilievo.



   La fantasia popolare vi ha ravvisato ora la effige di un brigante comune, Francesco Giacò di Terlizzi (1783-1809) chiamato "m'baGiacco" (compare Giacco)(Luigi Sylos "Bitonto nella Storia", vol.3°, pag.127, tipografia Amendolagine - Bitonto), ( ora figure messe lì a scherno dei Bitontini. Ma così non è.
   Se per il brigante è la documentazione storica a dimostrarne la individuazione chiaramente anacronistica, per le figure schernevoli un minimo di buon senso è sufficiente per riconoscerne l'assurdità.

   In verità, un diligente esame sul significato e sul valore di quelle figure rimanda alla vasta e complessa problematica delle maschere apotropaiche tanto usate in ogni tempo e un po' ovunque. Sono state esse ritenute sopravvenienze del sostrato magico-religioso della cultura popolare, specialmente di quella subalterna, più sensibile all'animismo ed alla irrazionalità, malgrado la diffusione delle culture classica e cristiana.

   Il loro aspetto mostruoso e grottesco, terrifico e respingente, volto in ogni caso a fermare ed allontanare qualsiasi offensore o volontà offensiva, del mondo umano o demoniaco, ha ingenerato nei credenti un senso di protezione e di sicurezza per sé e per i propri beni.

   Ma perchè due mascheroni dell'Obelisco, pur tanto arcigni, dalla bocca spalancata mostrano così vistosamente la lingua in un atteggiamento che sa di grottesco e di scherno?
   Per ricavare la chiave di tale simbolismo potremmo riferirci, per un verso, agli Egiziani. Questi ritenevano, infatti, che i morti dovessero parlare; li seppellivano perciò con la bocca aperta e la lingua fuoriuscente. Inoltre, Bes, protettore tra l'altro della musica, era l'unico loro dio a mostrare la lingua.

   Consegue da tali considerazioni che la lingua simbolicamente significherebbe voce che dinamicamente respinge, oppure silenzio che staticamente annulla. E nel nostro caso si tratterebbe di respingere od annullare una offesa, attuale o latente. Potremmo riferirci, per altro verso, anche all'usanza antica universalmente diffusa di rappresentare, proprio sulle armi, essere soprannaturali e simbolici, quali motivi di forza aggressiva e di garanzia difensiva, ritenuti magicamente efficaci dalla credenza riposta nella messa in scena terrorizzante tipica della guerra.

   A Bitonto tante maschere apotropaiche vi sono; anzi, quale ricordo della loro provenienza ellenistica mediata dal Gorgoneio, possiamo rifarci al concio, murato nel giardino della Chiesa di San Pietro de Castro, che riporta in elementare bassorilievo una strana testa di Medusa, e ancora alle teste di Medusa applicate sulle anse degli antichi crateri bitontini.

Il fusto
Il fusto si slancia verso l'alto con molta snellezza nella semplicità delle linee di fuga lievemente inclinate; e riesce spiacevole il dover notare quanto sia stata mortificata l'originaria percezione visiva del monumento dalla modifica disarmonica dell'ambiente circostante.

   Su ognuna delle facce sono applicati due dischi disuguali: il superiore è minore dell'inferiore; sono separati da due "palme" incrociate. I "tondi" si presentano lisci, ma dalle stampe pubblicate dal Massuet apprendiamo che sarebbero stati illustrati con motti e figure.
   Riusciamo, infatti, a leggere, iniziando dal basso della facciata di levante:
  1. FACIES REDITA ITER A REBUS. Illustrazione: al centro "pecora" (o tosone?) discendente su filetto, in basso il mondo, al fondo una raggiera.
  2. NUNC PRINCIPES CAMPI. Illustrazione: Gigli dei Borboni, 3-2-1-.
  3. ORTUS AB OCCIDUO. Illustrazione: "Sole" che splende sul mondo segnato di due colonne coronate
  4. NON OBLIQUUS. Illustrazione: "Sole rozzo" od "ombra di sole" che splende sul mondo.
  5. DIFFUGIUNT MOENIA MUNDI. Illustrazione: Due globi.
  6. NON PLUS ULTRA. Illustrazione: Due colonne coronate sul mondo.
  7. UTRAQUE UNUM. Illustrazione: Due globi reggenti una corona reale.
  8. SEMPER REGULGENS. Illustrazione:"Sole rozzo" sul mondo.
Il capitello

   Il fusto trova aulico coronamento nel capitello sovrastante, che è modellato ad arme dei Borbone. I quattro scudi, resi a "testa di cavallo" e contornati da eleganti volute a mo' di padiglione, e la imponente corona reale con tocco conferiscono aria di fasto alla pur sobria compostezza del monumento. E bisogna riconoscere che tanto dalla plastica severità dei blocchi inferiori, quanto dalla vivace ricchezza del coronamento terminale, il monumento riceve un senso di armonia e di eleganza da rilievo esemplare. Lo stemma dei Borbone dei Regni di Napoli e di Sicilia è riprodotto sull'Obelisco partito su quattro linee.

   Nel I° grande partito:
  • nel 1° e 4° di oro, a sei gigli di azzurro, 1-2-2-1 (Farnese);
  • nel 2° e 6° di rosso, alla fascia di argento (Asburgo);
  • nel 3° e 5°, bandato d'oro e di azzurro (Borgogna Antica).
   Sul tutto del I° grande partito: lo scudo di Portogallo di argento, con cinque scudetti di azzurro posti in croce, caricati di cinque bisanti ciascuno di argento segnati di un punto nero nel centro e messi in croce di S. Andrea; con la bordura di rosso, caricata di sette castelli d'oro, posti tre nel capo, due ai lati e due inclinati a destra ed a sinistra nei cantoni della punta.

   Nel II° grande partito:
  • nel I, inquartato, nel 1° e 4° di rosso, al castello di oro torricellato di tre pezzi dello stesso metallo, finestrato aperto e aggiornato di azzurro (Castiglia); nel 2° 2 3° d'argento, al leone di rosso, coronato, lampassato e armato (artigli) d'oro (Leon); innestato in punta d'argento, alla granata di rosso stellata e fogliata di verde (Granata);
  • nel II di rosso, alla fascia d'argento (Asburgo);
  • nel III, tagliato in grambo: nel 1° centrato al triangolo grembiato di oro e quattro bande di azzurro bordato di rosso (Borgogna Antica); nel 2° d'oro al leone di nero, armato (artigli), lampassato e coronato dello stesso colore (Fiandra).
   Nel III° grande partito, spaccato in due:
  • nel I, inquartato in pila, nel capo e punta di oro a quattro pali di rosso; ai lati di argento, all'aquila nera, coronata dello stesso colore, dal volo spiegato (Aragona-Sicilia);
  • nel II d'azzurro, ad otto gigli d'oro, 3-2-3, alla bordura spaccata di argento e di rosso (Borgogna Moderna);
  • nel III, trinciato in grembo: nel 1° di nero al leone passante (Brabante); nel 2° d'argento, all'aquila rossa, coronata dello stesso colore, dal volo spiegato (Anversa).
   Nel IV° grande partito:
  • d'oro a sei palle, 1-2-2-1, la prima azzurra caricata di tre gigli d'oro, 2-1-, le altre rosse (Medici).
   Sul tutto, a tre gigli d'oro, 2-1, alla bordura di rosso (Borbone). Lo stemma, simato della Corona Reale con tocco rosso, è fregiato delle collane degli Ordini Cavallereschi:
  • del Toson d'oro
  • di San Gennaro
  • di San Giorgio
  • del Santo Spirito.